Recupero bambola
/*Dolls rescue*/Era la donna della mia vita? L'unica cosa di cui sono certo è che non c'è più. Da quell'ultimo giorno in cui ci vedemmo non una telefonata, non una lettera.
Era la mia bambola. Era bionda, piccolina e spregiudicata. Era il suo atteggiamento che più colpiva... quel suo modo di tenere le gambe e le braccia aperte: ridicolo di giorno, ma al buio diveniva inquietante. Anche la bocca era spalancata ma per fortuna era muta. Era la mia bambola.
Fu l'anno in cui lasciai l'appartamento. Mentre io ero in ospedale, lei era rimasta là; coccolata dal mio ex-compagno di stanza e dai miei amici. E là rimase senza che io potessi riaccoglierla a me.
Vi racconto l'unico tentativo che ho fatto in vita mia per poterla riabbracciare. E per questo sono grato al mio amico P. che ha dato sostegno e forza al mio penoso passo.
Ero riuscito con grande sforzo di volontà a convertire col tempo la mia passione sentimentale frustrata in appassionante brama di sapere; e con essa stavo implacabilmente sostenendo esami come un rullo compressore col pieno di gasolio e lasciato senza guida ...Ma P., doveva rivelarsi provvidenzialmente stronzo come al solito.
Eravamo in biblioteca. Sommerso dai miei fogli di appunti, stavo stremato sonnecchiando nel tiepido pomeriggio primaverile Torinese, che tanto caro mi era stato in passato quando lo studio distratto mi concedeva bucolici vagabondaggi per i viali e i parchi. - Senti M. Perché non andiamo a cercare Olinka?
Non ero per nulla attento a quel discorso, ma quel nome irruppe come l'onda dopo schianto
della diga, abbattendo quel muro di omertà che i miei sensi vi avevano eretto attorno. Non
volli, negai ogni interesse, mi aggrappai al leggio e poi al bancone della restituzione
prestiti... ma mi ritrovai in strada a percorrere quel percorso ormai coperto di gramigne
di ricordi che mi conduceva alla vecchia residenza.
Un'altra etichetta era stata collocata sulla pulsantiera, su quella mia e del mio ex
compagno di stanza. P. prese la mia mano bianca e molle come un pesce bollito, ma freddo...
e fece trillare il citofono per me, poi mi costrinse a rispondere.
Un suono gracchiò, ed io dissi senza ormai pensare più: - Dunque, sono il precedente
inquilino dell'appartamento... e volevo sapere se per caso ha trovato una cosa...
(l'imbarazzo mi suggerì di non cercare di giustificarmi oltre).
- Venga su.
Una ragazza più giovane di noi ci aprì la porta senza fare altre domande.
Quell'atteggiamento benevolo, quasi premuroso mi preoccupò. P. era trionfante per essere
riuscito a condurmi fino lì, e senza nessun ostacolo. Rivedere quel luogo... un poco
cambiato, in meglio, dal gusto femminile del nuovo inquilino... mi rese del tutto inerme.
Fu P. a prendere l'iniziativa.
- Vedi noi siamo i precedenti inquilini (mentiva per ciò che riguardava lui) ...e andando
via ci siamo dimenticati una cosa.
La ragazza divenne rossa in viso. Io interpretai la reazione come commozione di fronte al
nostro nobile interessamento... P. seppi in seguito, che lo interpretò come profondo
imbarazzo e pena divertita.
- No... non abbiamo trovato nulla...
- Ma si, via...- e P. gli spiegò meglio l'oggetto del nostro interessamento. Non resistetti
a quel racconto e mi lasciai cadere all'indietro per appoggiarmi al lavandino della
cucina-ingresso.
Dall'espressione del mio caro amico capii che l'avevo persa. Ricordo solo di essermi
ripreso in strada, nel frastuono antistante della stazione.
P. era di fronte a me. Mi riferì quella terribile risposta: - Ah! Quella... l'abbiamo
buttata nel cassonetto... - e mi mise una mano sulla spalla. Ed io pensai che non era mai
stata mia.